Il primo problema è il prezzo. L’auto elettrica costa cara . Ma è logico attendersi un abbassamento progressivo e, magari, qualche sistema d’incentivazione statale per incoraggiare chi produce e chi compra a scegliere un auto a basso impatto .
Ecco che a questo punto ,arriva il discorso delle batterie. Che ancora non sono “super”: sono ingombranti, pesanti, hanno performance ancora limitate. Duecento chilometri sono il record attuale, il risultato di punta piuttosto che la media dell’offerta.La vera svolta per le car senza benzina così arriverà solo quando davvero si risolverà almeno il secondo dei due problemi citati. Quando cioè, oltre ad attrezzare auto piccole e tendenzialmente più tarate per l’uso metropolitano, la ricerca e l’industria dell’auto elettrica proporranno ai consumatori i primi prototipi dotati di grande autonomia.E’ la batteria, la velocità con cui si ricarica, ma anche il numero di chilometri percorribili senza riattaccarsi alla presa dell’energia il nodo da sciogliere se si vuole realmente far fare il salto di qualità ad un mercato che per adesso rimane tiepido e sostanzialmente al palo.
Ebbene, uno sviluppo importante, dal punto di vista tecnologico, starebbe per garantirlo una ricerca finanziata da IBM e condotta assieme all’Mit. Il gigante di Armonk – che da tempo ha spostato il proprio campo d’azione dalla pura e semplice information technology alla capacità più generica di offrire smart solution alle domande più importanti e universali delle persone sul pianeta – e il miticoMassachusetts Institute of Techonogy di Boston, starebbero lavorando ai primi prototipi di batterie al litio-aria che prometterebbero miracolosi progressi. Denominato “Battery 500”, il progetto allude fin nel nome alle 500 miglia (800 chilometri) che dovrebbero divenire percorribili senza fermarsi a ricaricare.Le celle litio-aria, invece di usare ossidi di metallo per l’elettrodo positivo, usano il carbonio, più leggero e in grado di reagire con l’ossigeno dall’aria. Al momento i maggiori scogli incontrati dai ricercatori sarebbero imputabili all’elevata instabilità della reazione che va ad innescarsi, ma il tutto potrebbe risolversi introducendo i reagenti in un solvente elettrolitico – inerte – di nuova concezione che in casa IBM dicono già di aver individuato.