Tecnicamente la società non chiude. Ma praticamente la storia della Pininfarina, almeno com’è stata sino ad oggi, è finita. La storica azienda torinese ha deciso infatti di non produrre più auto nei suoi stabilimenti ma di dedicarsi esclusivamente al design e agli studi d’ingegneria meccanica.
Sergio Pininfarina, che ha reso celebre in tutto il mondo l’impresa fondata dal padre Battista, ormai a 85 anni non ha più voglia di combattere con la crisi dell’automobilismo mondiale tutto e la morte di Andrea, che del Gruppo era ad, tre anni fa in un tragico incidente stradale ha ulteriormente indebolito il suo peso a livello internazionale.
Così l’azienda, che negli ultimi tempi aveva più volte fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, non può più farvi ricorso e sarà costretta a licenziare gran parte del personale. Si tratta di 100 impiegati e 27 operai, con la chiusura dello stabilimento di San Giorgio Canavese mentre rimarranno aperti il centro stile e ingegneria di Cambiano, le divisioni di ricerca e costruzione di prototipi e vetture speciali la galleria del vento di Grugliasco oltre alle sedi in Germania, Cina e Marocco.
Sembrano lontanissimi i tempi nei quali Pininfarina dettava legge in tutto il mondo guidando insieme a Bertone e Giugiaro un manipolo di menti eccellenti del design che dalla zona del torinese spopolavano in tutto il mondo.
Da qui sono usciti modelli unici che hanno spesso rivoluzionato il mercato, dalla Ferrari Testa Rossa alla Duetto, passando per la Peugeot 406 coupé e nelle ultime stagioni per le Alfa Romeo Spider e Breda oltre alla Ford Focus coupé-cabrio. Nel 2010 la fabbrica di Grugliasco è stata ceduta a Gianmario Rossignolo con la sua De Tomaso, mentre all’inizio del 2011 quella di Bairo Canavese era stata affittata alla Cecomp che produce l’auto elettrica Blue Car finanziata dal miliardario francese Bolloré e che effettua servizio di car-sharing in tutta Parigi.
Laconico il commento di Giorgio Ariaudo (Fiom): “Con la cessazione dell’attività industriale di Pininfarina si perde una potenzialità, quella di produrre auto elettriche anche per il mercato italiano. Poteva esserci la stessa domanda per città come Roma, Milano e anche Torino, invece si perde una produzione industriale con un marchio storico”.