E’ sul fronte dei veicoli elettrici che Pechino punta recuperare il gap con i grandi produttori mondiali di auto. E al fenomeno nuovo delle e-cars cinesi non ha mancato di interessarsi negli ultimi tempi anche un rabdomante della finanza internazionale come Warren Buffet.
In anticipo rispetto ai tempi dei produttori occidentali infatti, già tra fine del 2009 e inizio 2010 produttori cinesi come il gruppo Byd di Shenzhen (la cui sigla sta per ‘Build your dreams’) potrebbero arrivare alla produzione in massa della prima auto elettrica cinese E6.
Il modello potrebbe presto imporsi come “la prima vettura totalmente elettrica messa in vendita nel mondo” sostiene lo stesso gruppo Byd. Anche il gruppo auto Chery, quarto costruttore del Paese, ha annunciato che lancerà a fine anno la sua compatta Riich M1, ricaricabile da una presa di 220 volts in 6 ore e con un’autonomia di 120 chilometri.
Obiettivo: “percorrere 100 chilometri con 7 yuan”, circa 80 centesimi di euro al prezzo attuale dell’elettricità. E’ invece ancora in fase di sviluppo la Gleagle EK2, interamente elettrica. Infine anche il gruppo Great Wall si allinea, affermando che la sua Kulla “è pronta per la produzione di massa”. Che stia accadendo qualcosa di rilevante in Cina nel settore dei veicoli elettrici lo conferma anche un recente studio di McKinsey, secondo cui “lentamente la Cina mette le basi per imporsi come concorrente globale in questa industria emergente”. Secondo la stessa ricerca, i gruppi cinesi potrebbero aggiudicarsi una vasta parte del mercato valutato da McKinsey per oltre 700 miliardi di yuan (78 miliardi di euro) sul solo territorio cinese, prima di lanciarsi sui mercati occidentali, verso cui i più ambiziosi hanno già programmato di avviare le esportazioni.
D’altronde Pechino spera – proseguono gli analisti di McKinsey – di ridurre la sua dipendenza dall’import di petrolio, in gran parte alimentate dalla crescita del parco auto. “Se infatti – calcola lo studio McKinsey – il 30% delle vetture circolanti nel Paese entro il 2030 fosse elettrico, la Cina potrebbe risparmiare 700 milioni di barili l’anno, ossia oltre il 10% dei suoi consumi”.
Il governo di Pechino ha stabilito che almeno il 10% delle vetture del Paese dovranno utilizzare energie alternative entro il 2012 e moltiplica in questo senso iniziative ed incentivi. Ad esempio, il ministero della Scienza e tecnologia, diretto da due anni da Wang Gang, tra l’altro ex ingegnere della Audi, che in passato aveva condotto studi per il governo proprio sulle vetture elettriche, ha annunciato l’intenzione di aumentare le risorse per la ricerca nelle imprese e nei laboratori universitari, con sovvenzioni per le comunità locali che accetteranno di comprare una vettura ibrida o elettrica. Per ogni vettura elettrica ordinata, viene offerto un premio di 60.000 yuan (6.600 euro) nelle 13 municipalità che partecipano al programma. “Ovviamente manca del tutto una rete di stazioni elettriche dove ricaricare rapidamente i veicoli”, notano i ricercatori di McKinsey: impiantare una rete nel Paese “costerebbe tra 5 e 10 miliardi di yuan (circa 500 milioni-1 miliardo di euro) entro il 2020”. Restano però “poco pratici i lunghi tempi di ricarica” e per questo l’analisi suggerisce alla Cina di “puntare piuttosto anche su un modello di rifornimento in cui le batterie verrebbero affittate piene e cambiate una volta vuote alle stazioni di servizio”.
La sfida infatti per i veicoli elettrici è essere dotati di batterie a buon mercato che permettano di percorre distanze considerevoli, assicurando un minimo di potenza. In particolare, secondo il costruttore Byd, la E6 ha un’autonomia di 300 chilometri e una velocità fino a 160 chilometri orari. Può essere ricaricata del 50% in soli 10 minuti. A rendere possibili queste performances, una batteria Fe al fosfato di ferro, sviluppata dai ricercatori della Byd. Questo prodotto, già noto tra le batterie a ioni litio, oggi utilizzate dalla maggior parte dei costruttori di veicoli ibridi o elettrici, secondo il gruppo cinese, dovrebbe risolvere i problemi di durata di vita, mancanza d’energia o instabilità che finora hanno limitato lo sviluppo di veicoli elettrici per il mercato. In più le batterie Fe, unite ai mezzi industriali di Byd, e alla sua manodopera che assembla gli accumulatori a costi irrisori rispetto alla concorrenza occidentale, permette di tagliare i costi di produzione dei veicoli ‘verdi’, che in generale per ora respingono i potenziali compratori.
Il gruppo auto Byd di Shenzhen balzò all’onore delle cronache internazionali grazie ad un servizio pubblicato poco più di un anno fa su ‘Fortune’: il magazine riferiva che il presidente Wuang Chuanfu di fronte ai visitatori beveva il liquido del nuovo modello di batterie dell’auto ‘riciclabili al 100%’, prodotte dalla Byd, contenenti un elettrolite non tossico. Inoltre oggi tra i soci del gruppo cinese c’è anche Warren Buffet che con il suo fondo d’investimento Berkshire Hathaway ha acquistato il 9,8% di Byd per 230 milioni di dollari. Ad interessare il guru di Omaha al gruppo cinese secondo produttore mondiale di batterie ricaricabili, fornitore tra gli altri di Motorola, Nokia e Samsung, e oggi uno dei leader dell’industria dell’auto cinese, con la sua F3 in testa alla lista delle berline più vendute, davanti alla Toyota Corolla, sarebbe stata l’ambizione della Byd di lavorare alla sintesi delle due attività, batterie e auto.
Fonte: Metanoauto.net