Il motore a scoppio si è evoluto moltissimo nel corso degli anni, soprattutto grazie all’elettronica e al perfezionamento di quelle che sono le sue zone “periferiche” come i servizi (pompe, alternatore, motorino d’avviamento, etc.) e la testata, sia per la distribuzione, sia per l’alimentazione.
Eppure i principi che ne regolano il funzionamento rimangono essenzialmente gli stessi con il ciclo completo di funzionamento diviso in 4 fasi (aspirazione, compressione, scoppio e scarico) tutte compiute da un unico pistone e concluse in due giri dell’albero motore. Ma cosa succederebbe se queste fasi venissero equamente divise tra due pistoni interconnessi per imbiellaggio e aspirazione? Avremmo un motore a ciclo separato, traduzione dell’inglese “split cycle engine” come quello inventato dalla Scuderi Engine, un centro di sviluppo motoristico con sede a West Springfield, nello stato americano del Massachussets, che ha presentato il prototipo da un litro del suo motore di fronte al concesso del SAE, la Society of Automotive Engineers, da sempre all’avanguardia per la standardizzazione, la normazione e l’interscambio di informazioni che riguardano la ricerca in campo automobilistico. Fondata dall’americano Carmelo Scuderi, figlio di italiano morto nel 2002, l’omonima azienda ha una lunga esperienza nel campo della ricerca motoristica, soprattutto per quelli aeronautici e vanta oltre 200 brevetti alcuni dei quali riguardano l’iniezione di acqua, una tecnica utilizzata anche dalla Ferrari sui propri motori sovralimentati di Formula 1 negli anni ’80.
Non è la prima volta che viene tentata questa strada e i tentativi sono iniziati già dal 1914. Separare in qualche modo la gestione dei gas freschi dalla fase vera e propria di produzione dell’energia è da sempre uno dei sogni dei motoristi con l’obiettivo di ridurre le cosiddette perdite di pompaggio, ossia la forza impiegata dal pistone per aspirare e comprimere l’aria prima che avvenga lo scoppio. Gli specialisti lo chiamano “lavoro negativo” e il primo modo per ridurlo è eliminare la valvola a farfalla, usata per parzializzare il flusso di aria, ma che “soffoca” in qualche modo il motore. I problemi principali riscontrati nel corso dei vari tentativi di arrivare ad un motore a cicli separati sono legati soprattutto all’aspirazione e all’efficienza termica. Il problema è stato risolto sul motore Scuderi attraverso lo studio della fluidodinamica della testata, per consentire sia il rapido riempimento del pistone di compressione sia il rapido svuotamento di quello di potenza. Ciò avviene attraverso l’incrocio tra la valvola che lascia immettere l’aria compressa e quella di scarico nel pistone di potenza e infine regolando opportunamente l’anticipo di accensione, ovvero l’istante nel quale la candela scocca la scintilla rispetto alla posizione del pistone.
COME E’ FATTO E COME FUNZIONA
Ma che struttura ha il motore Scuderi a ciclo separato? La configurazione minima è con due pistoni, entrambi imbiellati sullo stesso perno all’albero motore con un piccolo sfalsamento angolare che li fa viaggiare costantemente all’interno dei cilindri ad altezze leggermente diverse. La testa presenta per ogni pistone due o quattro valvole, equamente divise tra l’aspirazione e lo scarico, o, meglio: tra l’immissione e l’uscita. Il primo pistone aspira l’aria attraverso la/e valvola/e di immissione come se fosse una siringa e, arrivato al punto morto inferiore, comincia a risalire comprimendo l’aria poco oltre i 50 bar. A questo punto si aprono la/e valvola/e di uscita e l’aria entra in un condotto detto di incrocio che porta alla/e valvola/e di immissione del pistone di potenza. Prima di entrarvi, c’è una piccola precamera all’interno del quale c’è l’iniettore (Bosch a solenoide con un foro unico, 200 bar), un po’ come accadeva sui Diesel prima dell’avvento dell’iniezione diretta anche se, in quel caso, il condotto portava dritto alla camera di scoppio senza l’interposizione della valvola.
In questa precamera dunque si forma la miscela tra l’aria e la benzina. A questo punto c’è l’apertura della/e valvola/e di immissione del cilindro di potenza, proprio mentre il pistone ha iniziato la sua discesa dal punto morto superiore. In questo modo la miscela acquista ancora maggiore turbolenza stratificando la carica, rendendola cioè ricca di aria verso l’esterno e intorno alla candela invece stechiometrica, cioè nel rapporto perfetto per la migliore combustione. La scintilla può quindi intervenire dopo pochi gradi di manovella (da 11 a 15 gradi) del punto morto superiore e non prima, l’esatto contrario di quanto avviene in un motore tradizionale e che invece risulta ideale per lo Scuderi perché la forte turbolenza favorisce di per sé la rapida espansione della carica in tutta la camera. L’evacuazione dei gas di scarico è facilitata dal fatto che, una volta che il pistone ritorna in alto e si aprono la/e valvole di uscita, c’è una breve fase di incrocio con la/e valvola/e di immissione aperta/e durante la quale i gas freschi ad alta pressione spingono fuori quelli combusti che si trovano invece a pressione atmosferica. Pertanto l’immissione e l’uscita dei gas di scarico avvengono quasi contemporaneamente alla combustione che avviene in un tempo pari a un quarto di un normale motore. Tutto il ciclo viene completato con un solo giro di albero motore, al contrario dei due necessari al motore a 4 tempi tradizionale, sia esso a benzina o Diesel. In questo senso, il motore a ciclo Scuderi è un 2 tempi o, sarebbe meglio dire, un 2+2 perché le due coppie di fasi avvengono contemporaneamente nei due cilindri “siamesi”.
I VANTAGGI (TEORICI)
Salvatore “Sal” Scuderi, figlio del fondatore e presidente dell’omonima società, afferma che le simulazioni al computer indicano molti vantaggi. Il primo è la riduzione drastica delle perdite di pompaggio con il conseguente miglioramento dell’efficienza: si passa dal 33% dei migliori motori a benzina al 37,5%, meno però del 40% dei migliori Diesel, motore che gli americani proprio non vogliono digerire. Le evoluzioni previste però portano a limiti teorici del 50%. Un vantaggio importante (per il quale il motore a gasolio ha i suoi bravi problemi) è la riduzione del’80% degli ossidi di azoto (NOx) grazie alla bassa temperatura di combustione, aspetto non secondario per le normative anti inquinamento sempre più stringenti di tutto il mondo. Sal Scuderi sostiene che si può arrivare senza problemi a 140 CV/litro, erogati a regimi ragionevoli (6.000 giri/min) e le coppie raggiungibili sono superiori persino a quelle di un Diesel, inoltre parla di elevata densità di potenza (rapporto tra peso e cavalli erogati), tutta da verificare, ma resta teoricamente il problema dello spazio se per avere un 4 cilindri che scoppiano se ne devono avere 8 in pratica.
Un altro beneficio strutturale del motore Scuderi è la riduzione degli attriti volventi poiché l’albero motore ha i perni poco aperti e questo riduce naturalmente i carichi laterali, a beneficio anche delle oscillazioni. Dal punto di vista teorico, anche lo sfalsamento laterale degli spinotti rispetto all’albero motore (solitamente si trovano sullo stesso asse) riduce i carichi verticali. Fatto sta che il prototipo presentato ha soluzioni usate dai motoristi quando le vibrazioni sono sensibili come un volano di dimensioni ragguardevoli, una struttura bed-plate, cioè con blocco separato dal basamento e uniti attraverso imbullona mento, e infine un controalbero con masse sfalsate dello stesso angolo con il quale sono sfalsati i perni di biella, una soluzione molto sofisticata e non certo semplice da realizzare.
Dunque il bilancio totale è tutto da verificare, come da vedere è come lo sfalsamento tra di loro della masse a moto alternato influisca sul comportamento vibrazionale. Va detto però che i pistoni, le bielle e le valvole raddoppiano con quel che ne consegue in termini di complessità, attrito (soprattutto radente) e peso, anche se, in questo caso, la Scuderi afferma che il guadagno rispetto ai motori tradizionali c’è, inoltre ci sono altri fattori positivi che vale la pena analizzare.
FLESSIBILITA’ DEL DISEGNO
Sul motore Scuderi si possono ottenere effetti che sul normale motore a scoppio si possono avere solo aggiungendo altre componenti o attraverso modifiche non marginali come la sovralimentazione, l’effetto Miller (rapporto di compressione inferiore a quello di espansione) e addirittura l’ibrido. Vediamo come. Che cosa è la sovralimentazione di un motore se non immettere nella camera di scoppio una maggiore quantità di aria comprimendola? Allora basta allargare la cilindrata del cilindro di compressione è il gioco è fatto. Va detto che, per ragioni meccaniche, non sarebbe conveniente adottare cilindri di grandezza molto differente e quindi l’effetto di sovralimentazione ottenibile non sarebbe marcato (si passa dai 50 ai 130 bar nel condotto di incrocio), ma comunque utile e, tra le altre cose, non obbligherebbe in alcun modo a scendere il rapporto di compressione nel pistone di potenza perché la carica si forma nella precamera e si stratifica nella camera vera e propria, dunque l’effetto cuscino dell’aria costituirebbe un ottimo antidetonante. Il tutto senza alcun bisogno di un compressore o di un intercooler.
L’effetto Miller o Atkinson per i motori è ben conosciuto e tornato in auge con gli ibridi perché consente di aumentare il rendimento riducendo le perdite di pompaggio e di avere una curva di coppia molto piatta a spese di una potenza leggermente inferiore. Su un motore a pistoni normale questo effetto viene ottenuto mantenendo aperte le valvole di aspirazione per un piccolo tratto della risalita del pistone nella fase di compressione, sul motore Scuderi questo stesso effetto può essere ottenuto allungando la corsa del pistone di compressione senza modificare la distribuzione. In questo modo, si può pensare di aumentare ulteriormente il rendimento volumetrico del propulsore, ovvero il rapporto tra l’energia impiegata per aspirare e comprimere l’aria e quella generata dalla combustione nel cilindro.
A proposito di ibrido, la soluzione della Scuderi è davvero suggestiva. Torniamo alle definizioni. Cosa è un ibrido? Una macchina che combina due fonti di energia per permettere ad entrambe di esprimersi al meglio. Solitamente, una è la benzina e l’altra è l’elettricità raccolta in vario modo (generatore, recupero in frenata o persino la presa di corrente con la funzionalità plug-in) e immagazzinata dalla batteria per poter essere poi trasformata di nuovo in energia meccanica attraverso uno o più motori elettrici. Sul motore Scuderi l’ibridizzazione è data dall’aria compressa. In che modo? Interponendo tra i due cilindri un serbatoio di che agisce in tre fasi:
Fase 1, in rilascio il pistone di compressione immagazzina aria ad alta pressione nel serbatoio prima che passi nel pistone di potenza grazie a una valvola di chiusura. Questa è la fase di recupero di energia;
Fase 2, in accelerazione il condotto di incrocio viene chiuso dal lato del pistone di compressione e qui vengono chiuse le valvole, in modo da eliminare del tutto le perdite di pompaggio e far riaccelerare il motore senza obbligarlo ad aspirare e comprimere l’aria. Questa è la fase di piena potenza con assistenza dell’aria;
Fase 3, a velocità costante il serbatoio viene utilizzato come condotto di risonanza per creare l’effetto RAM, ovvero quel leggero effetto di sovralimentazione attraverso il passaggio dell’aria in condotti di lunghezza e/o sezione diverse. Su un motore a benzina questo effetto si raggiunge modificando la geometria e/o la lunghezza del collettore di aspirazione.
Si tratta di un ibrido che potremmo definire “virtuale” perché ha il solo costo di un paio di valvole e di un serbatoio. Nessun motore elettrico, nessun complesso sistema di controllo, nessuna costosa batteria che, con i suoi ingombri, toglie spazio ai passeggeri e ai bagagli e pone problemi di riciclabilità alla fine del ciclo di vita. Questo non toglie che questo motore non possa essere utilizzato in un sistema ibrido tradizionale. Per concludere, i tre effetti descritti possono essere combinati, possiamo cioè immaginare un motore Scuderi sovralimentato aero-ibrido a ciclo Miller.
L’ENIGMA
Funzionerà? La domanda è legittima. Resta da dire che l’emersione di certe idee, soprattutto in America, è diretta conseguenza dei tempi che stiamo vivendo, di incertezza per il futuro e di ricerca di nuove strade. Il motore Scuderi a ciclo separato ha sicuramente molto di suggestivo e promette molto, ma a suo sfavore giocano apparentemente fattori di non poco conto. La prima è la complessità meccanica della testata che crea ingombri nella parte alta del motore, condizione non certo favorevole per avere una zona di deformazione per il cofano, necessaria per avere elevati standard per la sicurezza dei pedoni. Oltretutto, il prototipo del motore Scuderi ha le valvole pneumatiche, una soluzione notoriamente riservata ai motori da competizione per i suoi costi, ma evidentemente necessaria per assicurare tempi di azionamento estremamente ridotti e precisi. A complicare le cose, il fatto che queste valvole siano a fasatura e alzata variabile, una complicazione inedita per questo tipo di distribuzione. C’è poi la questione delle dimensioni in lunghezza: se per ogni pistone che spinge ce ne vogliono due, un quattro cilindri diventa un otto, decisamente lungo per alloggiarlo trasversalmente, a meno ci si contenga nei frazionamenti. La faccenda si fa ancora più complicata per i motori a V, non solo per il blocco, ma anche per l’albero motore.
Ci sono poi da considerare le diverse temperature alle quali lavorano i cilindri di compressione da quelli di potenza e i diversi tipi di sollecitazioni termiche e meccaniche, questo pone sfide dal punto di vista di costruzione del blocco. In ultimo, c’è il problema dell’elettronica preposta alla gestione dell’iniezione e dell’accensione, simile nell’hardware, ma da riprogrammare completamente tenendo conto dei tempi e nella successione con i quali dovrebbero avvenire. Di tutte queste difficoltà lo stesso Sal Scuderi non ha fatto mistero, così come della fiducia che nutre nelle potenzialità del motore frutto dell’ingegno del padre e i cui concetti potrebbero essere, in teoria, applicati anche al Diesel. Anzi, in questo caso il risparmio in termini di costi raggiungerebbe il 50% perché molti componenti oggi indispensabili (turbocompressore, intercooler, sistema common rail da alta pressione, filtro antiparticolato) non servirebbero più. C’è da dire che i partner tecnologici sono di primissima qualità: Mahle (pistoni), Cargine Engineering AB (valvole pneumatiche), Schaeffler (distribuzione) e Bosch (elettronica di controllo).
Intanto il motore Scuderi ha guadagnato l’interesse informale di Ford, Honda e Chrysler oltre alla curiosità di molti specialisti del settore tanto che lo stesso modello di studio presentato al SAE è stato mostrato a Stoccarda, in occasione dell’Engine Expo.
Fonte: Omniauto.it