Volvo Polar, il ritorno di un concetto attraverso quattro modelli della gamma del marchio svedese (C30, V50, V70 e XC90) e che è nato nel 1989 come un modello unico derivato dalla 240 SW. Se credete però che la Polar sia nata in inverno tra i ghiacci della Scandinavia, vi sbagliate di grosso perché l’idea della Polar nacque in estate, all’ombra del Santuario della Madonna di San Luca, ovvero a Bologna dove, ora come allora, si trova la Volvo Italia.
E nacque non per caso, ma dopo un’attenta valutazione di marketing. I protagonisti furono Andrea Fornasero, allora responsabile marketing e comunicazione di Volvo Italia ora in pensione, e il suo team.
L’ESORDIO
Nell’estate del 1989 le vendite della 240 SW sono ridotte al lumicino. Colpa della concorrenza interna della 740 e di quella di altre station wagon dotate di un prezzo più accessibile e di motori più moderni, prima fra tutte le Volkswagen Passat. Bisogna trovare il modo di spingere le vendite di questo modello che, stranamente, da usato va alla grande ed è ricercatissimo. Bisogna capire il perché. Fornasero e i suoi allora si mettono sui numeri e trovano qualcosa di molto interessante. La clientela della 240 SW usata infatti è molto diversa da quella che l’acquista nuova: ha un reddito inferiore, è molto più giovane e contiene una percentuale di donne maggiore inoltre, dal punto di vista qualitativo, è estremamente evoluto perché apprezza di Volvo la qualità e la sicurezza – e queste erano le due parole che apparivano sui claim delle pubblicità Volvo di allora – oltre alla funzionalità e la robustezza che fanno parte del DNA di Volvo e dell’idea che si ha della Svezia e dei suoi prodotti, il famoso effetto “made in”. C’è dunque una clientela Volvo “in pectore” che va intercettata con un prodotto calibrato per prezzo e caratteristiche.
IL NOME “POLAR”
Per identificarlo, Fornasero ripensa a una vacanza fatta in Svezia con una 240 SW che traina una roulotte di costruzione svedese che si chiama Polar e come marchio ha un orsetto. “Alla fine del viaggio – ricorda l’ex manager bolognese – chiamavamo Polar anche la vettura”. Il modello da cui partire è perfetto perché non c’è nessuna Volvo più Volvo della 240 SW – è stato prodotto dal 1974 al 1993 in 2,8 milioni di esemplari, come nessuna altra vettura del marchio scandinavo – e altrettanto il nome Polar, perché identifica la provenienza decisamente settentrionale e si differenzia dai numeri usati per denominare normalmente i modelli. Per farla “svedese” poi occorre renderla funzionale al massimo ed essenziale, quindi interni in tweed scuro, corrimano neri sul tetto, solo 4 tinte disponibili (bianco, rosso, antracite e argento), chiusura centralizzata e motore 4 cilindri 2 litri da 109 CV per contenere il prezzo a 24 milioni di lire, ovvero come una Volvo usata e come una Passat nuova.
SUCCESSO PER LA 240
Nel marketing mix manca solo la comunicazione. Per lanciare la Polar, il budget è molto ridotto, anche perché la Casa madre osteggia il progetto della propria filiale italiana dandogli il via libera controvoglia. Fornasero allora sfrutta di nuovo il nome e l’effetto “made in” passando per iniziative mirate. La più indovinata è il viaggio organizzato fino a Capo Nord con una flotta di 10 auto per 20 giorni. Le immagini delle vetture con l’orsetto della Polar che Fornasero aveva trovato sulla sua roulotte, dotate di protezioni speciali e ruote di scorta sul tetto mentre affrontano i rigori degli inverni svedesi, accendono le fantasie degli italiani che, attraverso un concorso promosso da un noto mensile specializzato, fanno la fila per essere negli equipaggi che l’anno successivo rifaranno lo stesso viaggio. In Volvo si pronuncia Polàr, ma presto la gente comincia a chiamarla Polar e, dalle mille unità previste all’anno, in Volvo devono fare i salti mortali per consegnare le 5mila richieste dal mercato. Quando nel 1994 la 240 va fuori produzione, in Italia sono state 14.186 le Polar consegnate, 53 delle quali con il diesel 6 cilindri in linea da 2,4 litri di costruzione Volkswagen. La formula viene inoltre riproposta in altri paesi europei con nomi più o meno diversi, ma ricalcando gli stessi concetti. Il successo è raggiunto, non solo nei numeri assoluti, ma nel target perché il 48% dei nuovi clienti sono di conquista su Passat e il 33% dalle berline. Quel che è più importante è che la Polar si comporta davvero come un “brand master”, in grado di fornire una pietra angolare all’immagine di Volvo nel nostro paese facendone il marchio delle station wagon. In poche parole: si era trovato il modo di promuovere al meglio il prodotto con il marchio e viceversa sfruttandone la “svedesità” per rendere esclusivo un oggetto essenziale eppure accessibile. Non è un caso che la rivista Forbes nel 2006, andando a indagare quali fossero le vetture possedute dai dieci uomini più ricchi del mondo, scopre che Ingvar Kamprad, il fondatore di Ikea, possiede una 240 GLE del 1993, molto simile nello spirito alla Polar.
SUPER POLAR E 940
Intanto nel 1990 Volvo rafforza la linea Polar con la Super Polar che offre una dotazione decisamente più ricca (ABS e interni in pelle, specchietti regolabili elettricamente dall’interno e riscaldabili, aria condizionata e alzacristalli elettrici anteriori e posteriori) con un prezzo di 29.900.000 di lire. Un controsenso? No, un completamento, soprattutto quando nel 1991 Polar e Super Polar propongono di serie il catalizzatore, un dispositivo che rafforza l’immagine di vettura che parla alla ragione e a un tipo di clientela intelligente, sensibile a valori diversi che oggi stanno trovando piena affermazione. Nel 1995 intanto c’è la seconda e ultima Polar, stavolta su base 940, ma sempre con lo stesso motore 2 litri da 109 CV che dura fino al 1997. L’obiettivo è però diverso: c’è da accompagnare la serie 900 alla pensione in attesa della 850 che non sarà mai Polar come del resto, contrariamente a quanto si crede, non lo è mai stata neppure la 740.
POLAR OGGI
Ma perché rinnovare la Polar e farlo attraverso una gamma di modelli piuttosto che su uno solo che sarebbe potuto essere la V70? Secondo Fornasero ci sono molte analogie tra il 1989 e i giorni nostri: dopo il glamour, l’effimero, l’ostentazione e lo spreco riprende il comando un universo valoriale fatto di understatement, pragmatismo, funzionalità e sobrietà. Inoltre, oggi come allora, Volvo si trova nel mezzo di una crisi alla quale può rispondere riproponendo di nuovo la propria essenza in modo – appunto – essenziale e rispettoso dell’ambiente. Per questo nella gamma Polar attuale ci sono anche le versioni DRIVe a basse emissioni di C30 e V50, mentre V70 con motori a 4 cilindri e XC90 in allestimento 7 posti si propongono come vetture ideali per la famiglia. Non si tratta dunque di un semplice revival, ma dell’applicazione dello stesso concetto in chiave attuale. Questo naturalmente non è una garanzia automatica di successo, è piuttosto un’idea forte e tipicamente svedese che è nata in Italia, ma è entrata a pieno titolo nella storia di Volvo tanto che una Polar è conservata nel museo storico a Göteborg.
Fonte: Omniauto.it